ZP di S. Donato fuori le Mura

Il ciclo di incontri: “Le religioni nello spazio pubblico”

Gli aspetti di «patologia» ma anche le potenzialità in vista della costruzione di una convivenza civile inclusiva, pacifica e solidale

BOLOGNA – ‘Un Libro al Villaggio’, alla terza edizione, è un percorso promosso dall’Ambito Cultura e Territorio della Zona pastorale di S. Donato fuori le Mura, presso la biblioteca dei Padri Dehoniani all’interno del Villaggio del Fanciullo (via Scipione Dal Ferro 4 a Bologna), in cui a partire da un testo attuale i relatori affrontano i temi scelti. Pubblichiamo qui un resoconto e la registrazione di ogni incontro.

Quest’anno il tema individuato riguarda le religioni nello spazio pubblico delle democrazie europee (occidentali), per trattarne non solo gli aspetti di «patologia» (i condizionamenti nocivi in ordine alla crescente chiusura nazionalista e alla legittimazione della violenza), ma anche le potenzialità in vista della costruzione di una convivenza civile inclusiva, pacifica e solidale.

Il programma, definitivo per date e argomenti è il seguente:

  • LUNEDÌ 29 SETTEMBRE 2025 Religioni e spazio pubblico democratico: quale idea di laicità? Marcello Neri (teologo,Università Cattolica di Milano)
  • LUNEDÌ 1 DICEMBRE 2025 Il ruolo della destra religiosa ebraica nel conflitto israelo-palestinese. Sarah Parenzo (ricercatrice e giornalista,  in collegamento da Tel Aviv)
  • LUNEDÌ 9 FEBBRAIO 2026 L’etica islamica e le democrazie:tensioni e punti di incontro. Ignazio De Francesco (monaco della Piccola Famiglia dell’Annunziata, islamologo)
  • LUNEDÌ 23 MARZO 2026 Le Chieserusso-ucraine: tra nazionalismo e responsabilità evangelica. Lorenzo Prezzi (religioso dehoniano, giornalista)
  • LUNEDÌ  4 MAGGIO2026 Lo Stato, la Chiesa cattolica e le religioni in Italia. Geraldina Boni (giurista,Università di Bologna)

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Religioni e spazio pubblico democratico: quale idea di laicità? Marcello Neri

AUDIO integrale MP3

Riassunto trascrizione – Religioni e spazio pubblico democratico Marcello Neri

Nell’incontro di lunedì 29 settembre 2025 – «Religioni e spazio pubblico democratico: quale idea di laicità?» – con Marcello Neri, teologo, Università Cattolica di Milano, si è fatto riferimento a un testo, prassi di ogni appuntamento: La santa ignoranza, religioni senza cultura, di Olivier Roy, studioso di fenomeni religiosi, che per primo ha illustrato la grande trasformazione delle religioni nello spazio pubblico.

Punto di partenza, gli attacchi terroristi del 2001, in nome di Dio, interpretati inizialmente come espressione del ritorno delle religioni. In realtà, a fronte dell’incapacità delle religioni tradizionali di superare l’impasse della secolarizzazione, il fenomeno esprime una radicale trasformazione della religione, attraverso la dimensione simbolica di una minoranza che occupa in modo visibile lo spazio pubblico e l’immaginario collettivo.

La nuova religione taglia i rapporti con la cultura ambiente, opera una cesura con le radici storico-culturali di provenienza, si oppone a una mediazione culturale della sua presenza nello spazio pubblico, rifiuta la modernità, ma utilizza bene i vettori della globalizzazione e della digitalizzazione. Senza mediazione culturale, non ha una teologia, ma ha potenza di circolazione, nella libertà della comunicazione digitale. I contenuti religiosi e gli elementi identitari sono semplificati e funzionano ovunque.

Una nuova ortodossia complessiva, che non ha nulla a che fare con Dio, centrata sulle forme dell’essere umano, nuova misura della verità. L’ortodossia così non è più di un’unica comunità religiosa, ma è transconfessionale: sensibilità affini su una stessa visione di uomo, da diverse comunità di appartenenza. Maneggiare gli attuali fenomeni religiosi con i vecchi strumenti dell’interlocuzione è perdente. La laicità, luogo di bilanciamento per coesistere, è consumata: la nuova ragione della coesione mette in scena un potenziale interessante per la politica, quale bacino appetibile.

Dagli anni Settanta in USA analisti repubblicani, accorgendosi della coincidenza tra propensione elettorale, stili di vita e di spesa, religiosità personale, consapevoli che non basta guardare al ceto sociale, hanno elaborato modelli di interlocuzione, accolti nelle fasce di popolazione che pagavano il prezzo più alto delle conquiste di quegli anni. In Europa viviamo una situazione opposta: l’insensibilità al tema religioso consegna i valori delle religioni a chi vuole decostruire il progetto europeo.

Non solo la comunità politica, ma anche le religioni tradizionali dovrebbero attrezzarsi e creare una porta alternativa: papa Francesco con il documento di Abu Dhabi ha mostrato che da solo il cristianesimo non regge alla trasformazione in atto, cercando alleati che puntino sulla dimensione spirituale e sul tema della cittadinanza, come fraternità universale.

Non lavoriamo da soli sulla cittadinanza, sleghiamola dal nazionalismo, per immaginare un polo alternativo rispetto al magma transconfessionale, che ha nella gestione dell’essere umano il suo nuovo dogma.

 

Il ruolo della destra religiosa ebraica nel conflitto israelo-palestinese. Sarah Parenzo

Audio integrale MP3

Sintesi – Il ruolo della destra religiosa ebraica nel conflitto israelo-palestinese

Sarah Parenzo, giornalista e ricercatrice, lunedì 1 dicembre 2025, in collegamento da Tel Aviv ha introdotto il secondo incontro del percorso «Un libro al Villaggio» su «Il ruolo della destra religiosa ebraica nel conflitto israelo-palestinese».

Ebrea israeliana, ha offerto il portato della sua competenza e la testimonianza di impegno multiforme a favore di una convivenza nella pace, fondata sulla giustizia.

In risalto, la complessità della situazione in Israele: la stessa domanda se il conflitto israelo-palestinese sia laico o religioso non ha risposta univoca, per la presenza di elementi di entrambi i profili che perseguono le rispettive pretese nazionali. Non è corretto accontentarsi di narrazioni superficiali, piuttosto serve una sincera volontà di comprendere.

La situazione attuale con le sue tensioni ha preso le mosse dal gennaio 2023, quando Netanyahu è tornato al potere, formando il suo sesto Governo, coinvolgendo due gruppi di minoranza molto diversi, gli ultraortodossi e i sionisti religiosi, che improvvisamente si sono ritrovati con responsabilità pubbliche da gestire.

La tensione nel Paese si è manifestata subito contro provvedimenti volti a colpire la democrazia e le continue concessioni di Netanyahu a favore degli alleati.

Gli ultraortodossi, oltre un milione e 300.000, non compatti al loro interno, con interessi diversi da quelli di Netanyahu e dei sionisti, vivono separati nel contesto sociale, gli uomini ricevono finanziamenti per studiare la Torah e sono esonerati dal servizio militare. I sionisti religiosi sono un gruppo eterogeneo, il cui pensiero poggia sulla filosofia religiosa del rabbino Cook, padre del sionismo religioso, che afferma che la fondazione di Israele è l’inizio della redenzione, esalta il rapporto con la terra e sostiene l’ideale del «Grande Israele» che recupera i confini biblici della «Terra promessa».

Netanyahu, uomo non religioso, astuto, ha imparato a cavalcare l’onda, utilizzando immagini e linguaggio del gergo messianico del sionismo religioso.

La sinistra liberale oggi rappresenta la speranza, con la possibilità di salvare il Paese dalla deriva antidemocratica, pur essendo necessario il superamento di alcune contraddizioni, come il sostegno tacito all’occupazione della Cisgiordania e a un sistema giudiziario che discrimina tra cittadini ebrei e arabi e una certa ambiguità nel mescolare potere e religione.

Attori non secondari in questo scenario sono i media, che oscurano i profili più problematici delle vicende del Paese.

Parenzo ha offerto infine alcuni orientamenti. Demonizzare la religione non è il modo di liquidare la realtà di Israele oggi; invita a studiare la storia di Israele e a comprendere le categorie dell’ebraismo che hanno favorito un certo andamento delle vicende. 7 milioni di ebrei e palestinesi, laici e religiosi, dovranno trovare il modo di convivere. Occorre una sapienza che crea ponti e la religione potrebbe avere un ruolo benefico e positivo. La Chiesa cattolica, in particolare, dovrebbe pazientemente riposizionarsi con un’autorità morbida in un ruolo di mediazione.

Anche gli ebrei della diaspora dovrebbero rivedere alcuni atteggiamenti: è drammatico che non si prendano le distanze dal Governo israeliano come lo é una chiusura a riccio, da vittime, che ricorre per lo più all’accusa di antisemitismo.

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