A differenza di quanto è avvenuto per altre città italiane (come Venezia, Trieste, Livorno e Napoli, dove i Greci avevano formato, nei secoli passati, fiorenti comunità) la presenza ortodossa a Bologna è un fenomeno assai recente. Potremmo farla iniziare dalla fine degli anni ’60 e dall’inizio degli anni ‘70, quando il nostro Ateneo ha conosciuto un afflusso notevolissimo di studenti greci (si tratta di una presenza ancora attuale, anche se in quantità decisamente molto minore). Si trattava di una presenza effimera in quanto, finiti gli studi, questi Greci rientravano in patria, anche se ovviamente c’era un continuo ricambio. Tuttavia un certo numero è rimasto a svolgere attività professionale nella nostra città: essenzialmente da essi è formata la Comunità Ellenica di Bologna, che si è costituita nel 1981 in un organismo ufficiale, con sede a Villanova di Castenaso. Una vera e propria ondata migratoria di cristiani ortodossi è iniziata, a partire dall’ultimo decennio del secolo scorso, con la caduta dei regimi totalitari nell’Europa Orientale: dalla Romania c’è stato un notevole afflusso di migranti in cerca di lavoro, come anche dalla Moldavia e dall’Ucraina. In questi ultimi due casi si tratta di migrazioni essenzialmente femminili e temporanee, in quanto i soggetti vengono in Italia a svolgere lavori domestici e soprattutto di assistenza domiciliare per capitalizzare risorse che i mariti o i figli possono poi utilizzare in patria per intraprendere attività commerciali. Anche in questo caso il ricambio di persone è stato, sino ad oggi, continuo.
Gli ortodossi greci e russi: una storia intrecciata.
Per quanto riguarda la cura pastorale degli ortodossi in Italia il patriarcato ecumenico (cioè la Grande Chiesa di Costantinopoli, Nuova Roma) ne rivendica l’esclusività, sulla base del canone 28 del concilio di Calcedonia del 451, che attribuisce a questo patriarcato la giurisdizione sugli ortodossi al di fuori dello spazio geo-politico dell’Ortodossia. Per questo, alla fine degli anni ’60 o agli inizi degli anni ’70, il rettore della chiesa greca di S. Giorgio a Venezia (la parrocchia da cui allora dipendeva Bologna), l’archimandrita Cherouvim Malissianos, veniva periodicamente a Bologna, in un giorno feriale, a celebrare la divina Liturgia nella chiesa di S. Sigismondo, in zona universitaria, allora sede del Centro Universitario Cattolico. Un sacerdote del C.U.C. assisteva alla liturgia, in alba e stola (ricordo che diceva che andava a fare Paolo VI con Atenagora!) Questa iniziativa ebbe breve durata a causa di turbolenze politiche: gruppi di studenti incominciarono a dimostrare fuori della chiesa, per protestare contro la Chiesa ortodossa che in Grecia era solidale con la dittatura dei Colonnelli. Non solo l’archimandrita non volle più venire, ma le stesse autorità cattoliche bolognesi erano molto contrariate per questa situazione, che più di una volta aveva richiesto la presenza delle forze dell’ordine.
Ci fu pertanto un periodo di vuoto, che venne però rapidamente colmato. Nel 1973 un sacerdote ortodosso di tradizione russa, P. Evlogij (credo un tedesco convertito all’Ortodossia), dimorante a Milano, volle aprire una chiesa ortodossa a Bologna. In un clima non molto ecumenico non pensò di chiedere il luogo di culto alla Chiesa cattolica (o se lo chiese non gli fu comunque concesso) e si rivolse al Comune, il quale, forse in un clima ancora di guerra fredda, trattandosi di russi fu prontissimo ad acconsentire. Affidò infatti a P. Evlogij una chiesa di sua proprietà, sconsacrata dal tempo delle confische napoleoniche, situata, in via S. Isaia, nel palazzo dell’antico monastero di città dei monaci della Certosa, a quel tempo sede dell’Istituto magistrale “Laura Bassi”, oggi Liceo coreutico “Lucio Dalla”. La chiesa era stata dedicata a S. Anna nel 1435 dal Card. Albergati per collocarvi il capo della santa, ricevuto in dono dal re d’Inghilterra (oggi venerato nella cattedrale metropolitana di S. Pietro). Palazzo e chiesa erano poi state ricostruite nel 1714 ed il Comune aveva adibito la chiesa sconsacrata a deposito di sale per gli spazzaneve per i nevosi, e ormai dimenticati, inverni bolognesi. Questa prima chiesa ortodossa bolognese fu dedicata, dallo stesso P. Evlogij, a S. Basilio (forse perché il santo aveva studiato ad Atene alla celebre Accademia e Bologna era città universitaria).
Nel 1975 divenne rettore della chiesa di S. Basilio l’igumeno Mark Davitti, un fiorentino convertito all’ortodossia (ma era di madre russa), appena rientrato dagli Stati Uniti, e la chiesa entrò a far parte della Chiesa Ortodossa Russa all’Estero, con il centro direttivo in America: una Chiesa tradizionalista, perfettamente ortodossa ma non in comunione con le altre Chiese ortodosse per motivi politici. Infatti la gerarchia di questa Chiesa, fondata da vescovi russi esuli in occidente, non riconosceva il patriarcato di Mosca – né le Chiese ortodosse in comunione con esso – in quanto ritenuto colluso con il regime ateo sovietico (lo scisma è finito nel 2002).
Essendo ancora la quasi totalità degli ortodossi presenti a Bologna di nazionalità greca, questa chiesa russa intese qualificarsi unicamente come chiesa ortodossa di Bologna: infatti i fedeli erano sempre gli studenti greci dell’Ateneo o dei Greci di passaggio e la liturgia veniva celebrata in greco. Caduta nel 1974 la dittatura dei Colonnelli, le autorità ecclesiastiche costantinopolitane ripresero in mano la cura pastorale dei fedeli greco-ortodossi bolognesi: l’Italia dal 1963 dipendeva dalla metropoli di Austria e Ungheria, con sede a Vienna, la quale aveva dal 1970 un vescovo ausiliare per l’Italia, residente a Napoli, nella persona di S.E. Gennadios Zervòs (attuale metropolita ortodosso d’Italia), con il titolo vescovile di Cratea. A partire dalla fine degli anni ’70 venivano periodicamente a Bologna sacerdoti greci residenti a Firenze e precisamente l’archimandrita Efthymios Kouloumpìs, originario di Patrasso, e l’archimandrita Gabriel Serbos, originario dell’isola di Santorini: essi celebravano nella chiesa cattolica di S. Michele de’ Leprosetti, a un lato di Strada Maggiore. (oggi sede della parrocchia greco-cattolica ucraina). Finalmente venne nominato un parroco per Bologna, nella persona dell’archimandrita Konstantinos Siarapis, originario di Atene e licenziato in teologia presso il Pontificio Ateneo Salesiano a Roma: anch’egli celebrava in S. Michelino ed era ospitato, sempre dalla Chiesa cattolica, presso la Casa del Clero. Fu inevitabile un forte antagonismo tra le due chiese, destinate ai medesimi fedeli, fino alla partenza di P. Siarapis, che chiese di essere trasferito in Canada.
Quando S.E. Gennadios Zervos nel 1996 fu elevato alla dignità di metropolita ortodosso d’Italia (diocesi creata dal patriarcato ecumenico nel 1991, allorché il nostro paese fu staccato dalla giurisdizione ortodossa di Vienna), egli chiese ufficialmente all’allora arcivescovo di Bologna Card. Giacomo Biffi una chiesa in uso perenne. Gli fu affidata la chiesa di S. Maria Incoronata de’ Caprara, in via de’ Griffoni, che la diocesi bolognese aveva da poco acquistato dall’Opera Pia dei Vergognosi. Si tratta di una chiesa costruita nel 1745, nella quale fu trasportato un affresco del XIV secolo, di Simone de’ Crocefissi, raffigurante appunto l’incoronazione della Vergine, staccato da un voltone della vicina via degli Agresti. Il metropolita Gennadios volle dedicare questa chiesa al grande martire san Demetrio e rettore della chiesa fu nominato (e lo è tuttora) l’archimandrita Dionysios Papabasileiou, monaco del monastero tessalonicese di S. Teodora, laureato all’Università del Michigan (USA), licenziato in Teologia presso l’Istituto San Bernardino di Venezia e dottore in Teologia presso la Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna.
Nel frattempo erano intervenuti, nello scenario politico europeo, dei cambiamenti epocali: con la caduta dei regimi totalitari nell’Est europeo, tra il 1989 ed il 1991, si è verificato un notevole afflusso, anche a Bologna, di immigrati dall’oriente europeo, slavi e romeni, in gran parte ortodossi. La chiesa di S. Basilio – quella di tradizione russa – ha registrato un forte incremento di fedeli ortodossi slavi. Nel 1998 essa è uscita dalla giurisdizione della Chiesa Ortodossa Russa all’Estero per entrare in quella canonica del patriarcato di Mosca. Per mantenere il carattere panortodosso di questa chiesa il suo rettore, P. Davitti, dispose, per ogni mattina domenicale e festiva, la celebrazione di due liturgie, una in greco ed una in slavo, contravvenendo per ragioni pastorali alla norma canonica ortodossa, che consente la celebrazione di una sola liturgia sullo stesso altare nello stesso giorno. Con l’apertura della chiesa greca di S. Demetrio la situazione, dopo un periodo di iniziale antagonismo, si è venuta stabilizzando, a vantaggio dell’unità ortodossa, con una equa ripartizione dei fedeli. La chiesa di S. Basilio, di afferenza moscovita, è frequentata essenzialmente da fedeli afferenti a quel patriarcato: Russi, Ucraini e Moldavi. Per questo in essa si celebra in paleoslavo e in romeno (la lingua dei Moldavi), con qualche tratto in italiano e in georgiano. Essendo mancato, nel 2013, dopo una breve malattia, l’archimandrita Mark Davitti, gli è succeduto, come rettore della chiesa, lo ieromonaco Serafim Valeriani Ropa, un giovane bolognese da P. Mark accolto nell’Ortodossia e da lui avviato al sacerdozio e alla vita monastica. Il vescovo, da cui dipende questa chiesa, è il metropolita Antonij di Korsun, Esarca del patriarca di Mosca per l’Europa occidentale, che risiede a Parigi, ed è anche Amministratore delle parrocchie del patriarcato di Mosca in Italia.
Gli arredi in legno della chiesa, iconostasi e sedili, sono stati donati da un ex-parrocchiano divenuto, con il nome di P Arsenie, superiore di un monastero in Romania. Le quattro icone principali dell’iconostasi erano state dipinte da un greco di Ioannina, Spyros Papaspyrou, ma qualche anno fa sono state sostituite con altre – fatto significativo dell’accentuazione dell’identità slava di questa prima chiesa ortodossa di Bologna – di fattura russa. In luogo centrale e ben visibile sono collocate le icone di s. Petronio, patrono della città, opera dell’iconografo bolognese Giancarlo Pellegrini, e della Beata Vergine di S. Luca, dono dell’Associazione di Fedeli “Icona” di Bologna.
La chiesa di S. Demetrio, di afferenza costantinopolitana, è frequentata essenzialmente da fedeli greci, con la presenza di qualche slavo o romeno e di italiani convertiti all’Ortodossia. Poiché il patriarcato ecumenico rivendica, come si è detto, la giurisdizione su tutti gli ortodossi in Italia, la metropoli d’Italia e (dal 2005) di Malta, Esarcato patriarcale per l’Europa meridionale, ha una dimensione panortodossa, con parrocchie e sacerdoti slavi e romeni (oltre che greci) ed ha pubblicato nel 2017 un testo ufficiale con la Liturgia di S. Giovanni Crisostomo in quattro lingue (greco, italiano, paleoslavo e romeno). Per questo nella chiesa di S. Demetrio le ufficiature vengono celebrate in greco e in italiano.
Gli arredi della chiesa – iconostasi con le relative icone, grandi icone con cornici per la venerazione, trono episcopale, leggio per il coro – sono dono della parrocchia di Salonicco, nella quale P. Dioniso officiava come sacerdote. Altre icone sono opera dell’iconografa Edina Hegedus. Gli affreschi sono opera di un iconografo greco. P. Basilio, ora sacerdote nella metropoli di Serres in Macedonia. Una riproduzione della Beata Vergine di S. Luca donata dal rettore del santuario, è esposta alla venerazione dei fedeli, coperta di ex-voto. La chiesa custodisce anche molte reliquie: un frammento della S. Croce, reliquie della Passione (pietre del Golgotha e del S. Sepolcro), un pezzo della cintura della Madre di Dio (proveniente da Prato) e una reliquia del santo titolare, Demetrio, donata dal parroco di S. Lorenzo in Campo (Pesaro-Urbino), dove in Italia si trovano le reliquie del santo martire.
Ortodossi romeni e moldavi: una lingua e due giurisdizioni.
Tuttavia l’Ortodossia numericamente più presente nell’Europa occidentale – particolarmente in Italia – non parla né greco né slavo, bensì una lingua neo-latina, il romeno. La maggioranza assoluta degli immigrati ortodossi in Italia proviene infatti dalla Romania, i cui cittadini, essendo il loro paese nell’Unione Europea, godono di un accesso più libero nel nostro paese, e dalla Moldavia, paese dove si parla romeno e con il quale lo Stato italiano ha un accordo specifico riguardo all’immigrazione.
Il patriarcato di Romania ha regolato la sua giurisdizione sull’Europa occidentale creando una struttura ecclesiastica completa: una metropoli per l’Europa occidentale e meridionale, con sede a Parigi, ed una per l’Europa centrale e settentrionale, con sede a Stoccolma. Dalla metropoli di Parigi dipendono due vescovati, uno per l’Italia ed uno per la Spagna e il Portogallo. La diocesi italiana è stata istituita nel 2008 e l’attuale vescovo S.E. Siluan Span, dal 2001 vescovo ausiliare del metropolita e dal 2004 suo vicario per l’Italia, ha la sede vicino a Roma, presso il monastero della Dormizione della Madre di Dio sulla via Ardeatina. Dal 2018 egli ha un vescovo ausiliare nella persona di S.E. Atanasie Rusnac, con il titolo di Bogdania, già suo vicario episcopale.
A Bologna gli ortodossi romeni hanno quattro chiese e due in diocesi, una per la montagna ed una per la pianura. La prima parrocchia romena in città è stata fondata nel 1998 e suo parroco è da allora il presbitero Ion Rimboi: dedicata a S. Nicola essa ha avuto sede all’inizio presso la chiesa cattolica di S. Michele de’ Leprosetti, quella in cui in precedenza avevano celebrato i Greci. Già dal 1994 a P. Rimboi, allora residente a Milano, era stato concesso di celebrare in S. Michelino. Quando però la chiesa fu chiusa per restauri (essendo risultato pericolante il soffitto), il luogo di preghiera e di incontro della comunità ortodossa romena fu trasferito presso locali della parrocchia di S. Caterina in Strada Maggiore, nella sala Ex pluribus unum. Quando però la parrocchia cattolica ebbe bisogno di quei locali per attività pastorali, una nuova e definitiva sede della parrocchia romena di S. Nicola fu trovata nella chiesa di S. Rocco in via Calari (in fondo a via del Pratello), chiesa sussidiaria della parrocchia cattolica di S. Maria della Carità.
A questa prima e storica parrocchia romena del centro se ne sono poi aggiunte altre due, per le zone periferiche della città. Nell’area di Casalecchio (Bologna Ovest) è stata costituita la parrocchia di San Luca (siamo sotto il colle della Guardia!), dapprima ospitata in un salone della parrocchia di S. Martino di Casalecchio e successivamente trasferita nella chiesa cattolica di S. Giovanni Battista in via Olmetola a Casteldebole. Parroco è il presbitero Trandafir Vid. Nell’area di S. Lazzaro di Savena (Bologna Est) è stata costituita la parrocchia di S. Antipa di Calopodesti, retta dal presbitero Mihai Enescu e situata presso la chiesa cattolica di S. Emiliano, in via Russo. Per i fedeli provenienti dalla Moldavia, dove il patriarcato di Romania ha una circoscrizione ecclesiastica in Bessarabia, è stata costituita una parrocchia dedicata a S. Giovanni Battista ed affidata al presbitero Marcel Calugarescu, la quale ha sede attualmente presso una sala della parrocchia cattolica di S. Giuseppe Cottolengo, in via Marzabotto. Per i fedeli romeni della montagna bolognese è stata costituita una parrocchia a Porretta Terme, dedicata a S. Barbara ed affidata al presbitero Ciprian Munteanu e per quelli della pianura un’altra a Budrio, dedicata a S. Demetrio il Nuovo di Bessarabia ed affidata al presbitero Saul Soptica-Vid. Entrambe le parrocchie hanno sede in chiese concesse in uso dall’Archidiocesi di Bologna.
La Moldavia, paese di lingua romena, è una ex-repubblica sovietica e la locale chiesa ortodossa fa parte del patriarcato di Mosca (il suo primate, il metropolita di Chisinau, è membro di diritto – come quello di Kiev per l’Ucraina e quello di Minsk per la Bielorussia – del santo Sinodo della Chiesa russa). Di conseguenza gli immigrati moldavi dipendono dal patriarcato moscovita, che ha istituito per loro delle parrocchie all’estero. I Moldavi in Italia hanno pertanto come vescovo il metropolita di Korsun, Esarca patriarcale per l’Europa occidentale, che ha un vicario per le parrocchie moldave italiane nella persona del vescovo Amvrosij di Bogorodsk (che era presente in S. Petronio il 13 ottobre u.s., insieme ai sacerdoti ortodossi di Bologna, all’accoglienza dell’arcivescovo Matteo Zuppi come cardinale). A Bologna gli ortodossi moldavi hanno ottenuto dall’archidiocesi cattolica la chiesa di S. Maria delle Muratelle, in via Saragozza, dove ha sede la parrocchia moldava della Protezione della Madre di Dio, di cui è rettore il presbitero Trifan Bulat. La bella iconostasi della chiesa, fatta venire dalla Moldavia, contiene icone, di pregevole fattura, dipinte dalla iconografa bolognese, di origini ungheresi, Edina Hegedus, che ha dipinto anche la Vergine della Protezione nella lunetta sulla porta d’ingresso.
A Bologna risiede anche un piccolo numero di ortodossi georgiani, presenti spesso alle celebrazioni della chiesa russa di S. Basilio. Il patriarcato di Georgia ha un metropolita per l’Europa occidentale, che risiede a Parigi, dal quale dipende un sacerdote, P. Gabriele, che celebra per le comunità sparse in varie parti d’Italia. A Bologna celebra periodicamente nella chiesa della Madonna di Loreto, nel complesso di S. Stefano, ospitato dai monaci della Congregazione Benedettina Brasiliana. Anche per i Bulgari viventi nella nostra regione si sta progettando una celebrazione periodica nella cripta della cattedrale di S. Pietro, officiata dal sacerdote residente a Milano, il quale dipende da una diocesi per l’Europa occidentale e centrale, con sede a Berlino, retta dal metropolita Antonij (che ha già celebrato una volta nella cripta della cattedrale).
Orientali non ortodossi presenti a Bologna
Per completare la rassegna delle comunità orientali presenti a Bologna, resta da segnalare, per il rito “bizantino”, cioè quello degli ortodossi, l’esistenza di due parrocchie greco-cattoliche, costituite nel 2015 dall’Archidiocesi di Bologna con giurisdizione personale e non territoriale: quella di S Michele degli Ucraini, presso la chiesa di S. Michele de’ Leprosetti, affidata dal 2018 a Don Mykhailo Boiko, e quella di S. Croce dei Romeni, presso il santuario del Crocifisso in via del Cestello, affidata dalla fondazione a Don Marinel Muresan, il quale dal 2018 è anche Amministratore Pastorale della parrocchia latina dei SS: Giuseppe e Ignazio, in via Castiglione.
Altri orientali presenti a Bologna sono i Copti, orientali non ortodossi, in quanto riconoscono solo i primi tre concili della Chiesa indivisa. Quelli egiziani, inquadrati dal Patriarcato di Alessandria e di tutto l’Egitto in una diocesi italiana, intitolata a S. Giorgio, che ha sede a Roma e comprende il Piemonte, la Toscana, l’Emila-Romagna e Roma (l’altra ha sede a Milano, per la Lombardia e il Veneto), retta dal vescovo Barnaba El-Soryany, hanno ottenuto nel 2013 dalla Chiesa cattolica una chiesa in località Caselle, presso S. Lazzaro di Savena, che hanno dedicato a S. Atanasio di Alessandria. I cristiani della Chiesa Tewahedo dell’Eritrea (un patriarcato con sede all’Asmara, in comunione con il patriarcato copto di Alessandria) già da tempo avevano ottenuto, sempre dai cattolici, la chiesa di S. Maria Labarum Coeli, nella centralissima via Fusari.
L’Ortodossia: una Chiesa e una comunione di Chiese.
Questa caratteristica intrinseca dell’Ortodossia di essere una Chiesa (anzi ha la coscienza di essere l’unica Chiesa di Cristo) e nel contempo una comunione di Chiese locali, unite dalla stessa fede, ma completamente indipendenti, ha un curioso riflesso nel vissuto quotidiano dei suoi fedeli. Si può facilmente constatare una certa reciproca impermeabilità: un greco non frequenta abitualmente la chiesa russa, come un russo non frequenta abitualmente quella romena e un romeno quelle greca e russa. Questo fatto preoccupa i singoli pastori, anche perché non testimonia visibilmente l’unità dell’Ortodossia, il suo essere un’unica Chiesa, in un paese a grande maggioranza non ortodosso. Per questo nel 1214, la domenica dopo la Pentecoste ortodossa, su iniziativa dei sacerdoti ortodossi di Bologna ebbe luogo una loro concelebrazione, con la presenza delle rispettive comunità, al parco “Maurizio Cevenini” di Borgo Panigale, al fine, come si legge in una loro nota, « di testimoniare l’amore reciproco che unisce i cristiani ortodossi indipendentemente dalla nazionalità d’origine e che vuole essere segno di fratellanza e di unità fra tutti i popoli nel mondo contemporaneo spesso lacerato da conflitti». La Chiesa cattolica, presente alla concelebrazione con suoi rappresentanti, portò per l’occasione, alla venerazione dei fedeli ortodossi, le reliquie di S. Anna, custodite in cattedrale. Un altro momento di manifestazione dell’unità ortodossa è stato, da alcuni anni, il canto dell’inno “Akathistos” alla Madre di Dio, da parte dei sacerdoti ortodossi e con una nutrita presenza delle loro comunità, il giorno dell’Ascensione cattolica, alle ore 15, in cattedrale, davanti all’immagine della Beata Vergine di S. Luca, immediatamente prima del suo ritorno al colle.
Purtroppo la grave frattura che si è prodotta tra il patriarcato di Mosca e quello di Costantinopoli in seguito alla concessione, da parte di quest’ultimo, dell’autocefalia alla Chiesa Ortodossa Ucraina – in quanto il patriarcato di Mosca ha interrotto, per ritorsione, la comunione eucaristica con quello di Costantinopoli, accusando la sede ecumenica di avere invaso il suo territorio canonico – non rende attualmente possibile il ripetersi di questi momenti celebrativi e, nel contempo, rivelativi dell’unità ortodossa. È speranza di tutti che, una volta superata la crisi nei rapporti tra le due grandi Chiese ortodosse – la prima per configurazione canonica e la prima per numero di fedeli – sia di nuovo manifestata, nella celebrazione dei divini Misteri e nella preghiera alla Madre di Dio, l’unità di fede della Chiesa ortodossa nella pluralità delle sue giurisdizioni.
(tratto da ESSENONESSE, newsletter 41 dicembre 2019)