Ancora risuonano nell’aria le melodie del Natale e nel cuore la gioia delle feste appena celebrate. Abbiamo “visto arrivare e ripartire i Magi” ed eccoli di nuovo tra di noi per accompagnarci, illuminarci e aiutarci a vivere in pienezza la prossima Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani prevista dal 18 al 25 gennaio.
Quest’anno, il tema è stato scelto dal Consiglio delle Chiese del Medio Oriente che ha sede a Beirut, e le parole che ci guideranno sono tratte dal Vangelo di Matteo 2,2: “In oriente abbiamo visto apparire la sua stella e siamo venuti qui per onorarlo”.
Molto bello, oltre che significativo ed emblematico, questo tema scelto della stella che illumina davvero di una luce tutta particolare il grande e sublime mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio.
In occidente, i cristiani celebrano solennemente il giorno di Natale, ma per molti fratelli d’Oriente, la festa principale, resta quella dell’Epifania, come il momento culmine nel quale la salvezza di Dio, dalla grotta di Betlemme e dalle rive del fiume Giordano, fu rivelata ai popoli.
I Magi sono stati da sempre considerati rappresentanti visibili della universalità della chiamata delle genti, che nella loro diversità, di culture, di tradizioni, di fedi si ritrovano però tutti uniti dal profondo desiderio di vedere e di conoscere il Re appena nato.
Questa stella, che un tempo ha guidato i Magi e ha portato il loro cammino a convergere verso l’umile città di Betlemme, deve ancora di più diventare, oggi, segno luminoso di unità per tutti i cristiani, per quanti cioè condividono una comune ricerca di Cristo ,nel desiderio di adorarlo, di conoscerlo, di servirlo, per poter così portare al mondo la luce piena della Verità.
Ognuno dei I Magi offre il proprio dono, un dono specifico, un dono particolare, un dono tratto dai tesori preziosi del proprio paese e che porta in sé il colore e l’aroma della propria terra.
Sappiamo, che dalle tradizione delle chiese più antiche, in questi doni fatti al Cristo sono stati attribuiti aspetti e significati diversi: l’incenso per la sua divinità, l’oro a ricordo della sua regalità, e la mirra come prefigurazione della sua morte.
In questa oscurità che ancora avvolge il nostro mondo, così travagliato da guerre, divisioni, cataclismi naturali, ora anche da questa pandemia che ha reso tutti più fragili, più vulnerabili, più poveri, questa immagine della stella, viene a riscaldarci il cuore, a confortare anche la ricerca di questa unità visibile della Chiesa.
Forse ci possiamo interrogare sul significato che oggi potremmo dare a questi doni, perché possano essere davvero un segno comune che raccolgano le grandi attese del mondo.
Il salmo 141 ci presenta una delle immagini più belle del significato dell’incenso, che in questa settimana dedicata alla preghiera e al dialogo tra le varie confessioni assume una valenza veramente straordinaria. Il salmista canta infatti così: “Come incenso salga a te la mia preghiera…”, possa davvero salire al Signore questo profumo soave, mite, umile, ma ardente di fede.
Ci si è chiesti in che cosa si potesse individuare il dono dell’oro. In questi ultimi anni il tema del Creato, della sua custodia e salvaguardia ci accompagna. Risuonano le parole dell’enciclica di papa Francesco, Laudato sì, ma anche le iniziative messe in atto dal Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I oltre che agli appelli di altri leader di altre religioni, primo fra tutti Sua Santità il Dalai Lama Tenzin Gyatso.
Per questo, in questi giorni dobbiamo accogliere questi appelli e farci davvero voce di questo grande dono che il Signore ci ha posto tra le mani, prima di tutto ringraziandolo e impegnandoci anche per questa in una supplica concorde.
Resta il dono della mirra, così particolare nel suo significato più profondo, così arduo da comprendere, così come è difficile accostare il grande mistero del dolore e della morte.
Sorge allora nel cuore il desiderio di presentare al Signore quanti in questo anno ci hanno preceduti nella sua casa, chi ha perso la vita a causa della sua testimonianza per la fede, ma anche i tanti che sono morti nei mari, nei deserti, a quanti la pandemia ha strappato improvvisamente alle nostre case, a quanti a causa delle guerre hanno versato il loro sangue innocente…Il ricordo si fa pesante, ma la luce di questa stella che ci guida verso il Figlio di Dio che per noi si è incarnato ce ne svela ancora gli arcani più profondi.
Sono giorni importanti, giorni nei quali bisognerebbe lasciarci prendere dal desiderio di conoscere, di capire, di offrire e soprattutto di pregare, perché nel cuore di tutti sgorghi con forza il desiderio di un cammino comune, fatto di testimonianza, di accoglienza di amicizia.
Per questo ci sembra doveroso sottolineare come molto indicativo sia stato l’’evoluzione e il cambiamento del cammino ecumenico nella nostra Chiesa..
Il lavoro di tanti ha permesso che “questo cammino”, un tempo inteso come un ritorno, giungesse alla richiesta di conversione al Vangelo per tutti, conversione che potesse portare ad una vera crescita in Cristo e quindi con conseguente convergenza nella carità, nella fratellanza, nel rispetto reciproco fra le varie Chiese. La meta auspicabile di tutte le Chiese cristiane, è di rendere vivi i rapporti fraterni, la collaborazione pratica fra le Comunità nel servizio alle realtà locali.
San Gregorio di Nazianzo in un suo sermone, rivolto ai suoi fedeli così scriveva: “tutto è stato fatto perché voi diventiate come altrettanti soli, cioè forza vitale per gli altri uomini. Siate luci perfette dinanzi a quella Luce immensa e sarete inondati del suo splendore sovrannaturale”.
Maria Cristina Ghitti per l’Ufficio per l’Ecumenismo e il dialogo interreligoso