Convegno “La dimensione contemplativa della vita”. Roma, 7 maggio 2022

Riportiamo il resoconto del Convegno “La dimensione contemplativa della vita”, tenutosi a Roma il 7 maggio 2022e a cui ha partecipato sr. Maria Cristina Ghitti.

 

“Sono venuto come pellegrino, desideroso di raccogliere non informazioni o fatti sulle altre tradizioni.., bensì di abbeverarmi alle antiche fonti della concezione e della esperienza…Io non cerco di saperne di più in fatto di religioni e di vita monastica, ma di fare di me un monaco migliore e più illuminato”.

Queste bellissime parole, scritte da uno dei pionieri del Dialogo Interreligioso, il monaco Thomas Merton, esprimono mirabilmente le sensazioni e le convinzioni che mi hanno accompagnato durante questa occasione di partecipazione al Convegno “La dimensione contemplativa della vita”, tenutosi a Roma il 7 maggio 2022. Nato dalla collaborazione tra l’UNEDI (Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso) con L’UBI (Unione Buddista Italiana), L’UII (Unione Induista Italiana) e il DIM (Dialogo Interreligioso Monastico), il Convegno ha desiderato mettere a confronto uno dei temi più affascinanti quello della meditazione, per riscoprire insieme, i veri tesori spirituali che le tradizioni, le pratiche usate nelle varie religioni possano diventare mezzo per una conoscenza più approfondita.

L’incontro, dopo i saluti e le presentazioni, è stato suddiviso in quattro parti per affrontare in modo approfondito le varie tradizioni: 1 La dimensione contemplativa della vita, 2 la meditazione nella tradizione buddhista, 3 la meditazione nella tradizione cristiana, 4 la meditazione nella tradizione induista

E’ stato sottolineato come sia necessario, prima di tutto, entrare nel profondo dell’etica della “Spiritualità del dialogo” affrontando quattro punti imprescindibili: 1 L’uguaglianza dei partner protesi ciascuno all’ascolto, essere pronti a ricevere con grande umiltà. 2 Il radicamento nella propria religione. 3 La capacità di affrontare le differenze cercando l’unità nella diversità. 4 L’impegno per la verità, per diventare davvero “esperti di Verità” bisogna frequentare il dialogo del silenzio, del cuore a cuore per incontrare il mistero sacro dell’altro.

“Non si tratta di fare qualcosa, quanto di essere, lasciando che la vita, nel suo mistero respiri in noi.

Bisogna cercare di capire, prima di tutto il senso della parola ”Meditazione” percepita e vissuta tra occidente e oriente. Per l’occidente, per noi cattolici, meditazione è quasi sinonimo di preghiera. In Occidente la ragione “separa” le cose per essere sé stessa, in oriente la ragione viene per così dire messa da parte e l’intuizione ritrova la sua unità, la conoscenza porta all’identità: “Conoscerò la rosa quando diventerò la rosa!

La contemplazione in fondo non ha mai uno scopo, non vuole ottenere qualcosa ha in sé la propria ragione di essere.

Si può dire che il dialogo religioso non è mai a due, ma a tre, perché il terzo interlocutore è il mondo nel quale siamo immersi e a volte è proprio questo che ci fa sentire più vicini. Il dialogo lancia sempre una sfida e provoca una verifica nella propria vita e questo aiuta a rileggere anche le altre tradizioni, è necessario ritrovare l’armonia con il tutto e con l’altro

“Si scopre che le diverse  tradizioni religiose e spirituali sono portatrici di un modo di abitare il mondo e di strutturare la realtà originale e irriducibile, che non può essere scorporato e utilizzato come una tecnica di comportamento avulsa dalla visione comprensiva e dall’ antropologia proprie di quella tradizione religiosa o spirituale Proprio la dimensione contemplativa invita a una ospitalità narrativa che permetta di rileggere la propria esperienza con l’altro e di fronte a lui, propiziando una fecondazione mutua. Questo lavoro sulla dimensione contemplativa favorisce anche la riscoperta dei legami costitutivi dell’umano comune,…plasma modi di stare insieme e di sentirsi in comunione con gli altri e con il cosmo. Si riscopre un modo più sano di vivere la natura e di rispettarne la sacralità”.(Alberto Cozzi)

Alcuni interventi sono stati molto descrittivi rispetto ad alcune delle pratiche, come ad esempio quello del professor Francesco Serra. Ha preso in esame alcuni dei metodi contemplativi descritti nel Canone in lingua Pāli della tradizione dei Thera, gli anziani volti a descrivere e spiegare la tecnica della contemplazione.

“La maggior parte dei metodi segue uno schema comune: 1) Focalizzazione della mente; 2) sviluppo della concentrata; 3) visione/esperienza della realtà senza il filtro della concettualizzazione; 4) liberazione della mente dagli  “inquinanti”(attaccamento, avversione ecc..) Queste pratiche descritte nel Canone sono diversificate e adattate in base al contesto, in base ai destinatari e in base anche alla correte Theravada da cui provengono.”

L’intervento dell’abate Fausto Taiten Guareschi del Monastero Shobozan Fudenji (Fidenza, PR), ha cercato di spiegar come nella pratica dello zazen nella tradizione Zen si possa controllare la propria coscienza e mente..

“Il Maestro Dogen Zenji (1200-1253) si esprimeva così: ”Pensate partendo dall’intimo, dal profondo del non pensiero. Non pensate partendo dall’intimo, dal profondo del pensiero. Questo è il segreto dello Zen (hishiryo) Durante i primi minuti di pratica il cervello assomiglia a una finestra aperta attraverso la quale soffia una forte corrente di aria, i pensieri insorgono senza tregua. Poi con il protrarsi della pratica il flusso dei pensieri si assottiglia e infine cessa. Scomparsi i pensieri subentra lo stato di concentrazione…La contemplazione non è semplicemente una unificazione, ma una attività passiva..”

Ovviamente sono solo alcuni brevissimi cenni e occorrerebbe uno studio e una pratica per comprendere, ma rendono l’alta profondità del concetto.

Qualche cenno anche riguardo all’intervento del monaco Jampa Gelek rmaestro dell’Istituto Lama Tzong Kapa di Pomaia.

Riporto alcune sue frasi riguardo alla meditazione buddista Vajrayana:

“Secondo il buddismo il metodo per sradicare l’ignoranza è sviluppare la saggezza che comprende direttamente la natura ultima della realtà. Nel Veicolo dei sutra (Sutrayana), il percorso segue un ordine ben preciso, E’ necessario raggiungere in primo luogo, il calmo dimorare attraverso nove stadi e questo è generato dall’abbandono dei cinque errori affidandosi alla pratica degli otto antidoti…così si arriva a sviluppare la visione superiore. Attraverso l’unione di questi due stadi si potrà arrivare a rimuovere tutti gli strati di ignoranza e raggiungere lo stato di Buddha”.

Anche questi sono concetti, e ben più di concetti che solo chi li pratica può, credo comprendere, ma ampia lo spettro di questo desiderio di percepire, come si diceva “i tesori che abitano l’animo dell’altro”, del pellegrino in ricerca della Verità.

Secondo il programma, nella terza parte è stato affrontato il tema riguardante la tradizione cristiana, rispettivamente secondo la prospettiva biblica, monastica e storica.

Molto bello l’intervento di Dom Benoit Standaert OSB belga, biblista specialista del Vangelo di Marco e del Salmi.

Tutta la Bibbia è materia di meditazione, ma è anche un libro che provoca e stimola..

Nella Bibbia, la tradizione sacerdotale insiste sullo zakhar, il “ricordare” il passato, le meraviglie operate dal Signore in tutta la storia salvifica; la tradizione profetica usa spesso il verbo meditare, m in genere, per denunciare i nemici che meditano il male, la tradizione sapienziale è più ricca quanto alla prassi della meditazione e in questo ambito i Salmi giocano un ruolo essenziale e spesso sintetico.

….Luca indica come tipico, l’atteggiamento di Maria: anche senza capire, è capace di accogliere nel suo cuore parole ed eventi forti, diventando così un modello per ogni lettore del Vangelo. ..”

Ha sottolineato molto la necessità del silenzio interiore per poter accogliere la voce penetrante e stabilire così un contatto con Dio e da lui essere guariti.

Così anche il prof. Luigi Gioia, teologo, docente a Cambridge, nel suo intervento, riguardante di più la prospettiva monastica, prendendo quindi, come punto di confronto la Regola di San Benedetto, ha sottolineato come: “A partire dalla scrittura, la meditazione si espande per coltivare una sempre più profonda consapevolezza della presenza divina attraverso un’assidua presenza a sé stessi. La meditazione si intreccia allora con la tradizione ascetica della nepsis, la “vigilanza sui pensieri”. La meditazione diventa quindi una saggezza che educa a mantenersi nel momento presente, disciplina la tendenza a lasciarsi monopolizzare dai pensieri relativi al passato e al futuro e aiuta a coltivare l’abbandono…”

La prof.ssa Caroleo Emma ha esposto in un bellissimo intervento, l svolgersi della meditazione nella storia della spiritualità, da Ugo di San Vittore (1125), Guigo il Certosino (1188), fino ad arrivare a due grandi maestri spirituali come san Francesco di Sales (1567) e San Vincenzo de’Paoli (1581) che resero la meditazione fruibile anche ai laici. Ovviamente ha fatto cenno anche alla meditazione ignaziana e al concetto di orazione e meditazione secondo la scuola di Santa Teresa d’Avila.

Erano presenti in sala anche due monache del monastero Matha Gitananda Ashram di Altare, Atmanandha Ghiri, che ha eseguito una bellissima danza e Shuddahananda Ghiri. Il loro fondatore e guida spirituale Yogananda Ghiri ha parlato collegandosi direttamente dal monastero e ha affrontato il tema secondo le scuole monastiche indù. “Queste ultime, ha sottolineato offrono una incalcolabile pluralità di vie per realizzare lo stato di meditazione, che conduce alla meta ultima dell’evoluzione dell’Essere….Nella letteratura sacra la meditazione è menzionata attraverso un ampio ventaglio di definizioni e richiami, dagli antichi inni della Creazione sino a testi specifici relativi alle pratiche stesse. Il cammino verso la meditazione necessita di propedeutica (questo mi è sembrato molto importante, pensando al fai da te molto praticato oggi!) per educare il corpo sia con un intenso lavoro nel campo fisico, mentale, psichico ed emozionale…Bisogna poter approdare ad una vera esperienza, un viaggio, un processo evolutivo che si differenzia in stadi…I mezzi necessari sono devozione, fede, conoscenza e abbandono”.

Ha completato il quadro, parlando sempre della meditazione secondo la tradizione induista la prof. Pinuccia Caracchi docente di lingua e letteratura hindi di Torino.

Ha specificato come la meditazione hindù, comunemente denominata yoga, ha origini antichissime risalenti ai tempi vedici e le principali enunciazioni testuali risalgono al VIII- VII secolo a.C.. Uno dei punti principali da tenere presente è la stretta connessione tra il pensiero filosofico, che nell’esperienza che scaturisce dalla pratica meditativa affonda le sue radici e in essa trova la sua legittimazione, dato che in India nessuna conoscenza può essere considerata credibile se non è basata sull’esperienza diretta. Così come è molto importante il carattere iniziatico e tradizionale, cioè la sua trasmissione attraverso una catena di maestri…Tutto molto diverso dalle tecniche yoga insegnate nelle palestre!!!

Ilo yoga si configura come un vero e proprio percorso ascetico nel quale “io” e “mio” sono da combattere come nemici. Per questo è necessario un rigoroso stile di vita sia per il corpo che per la mente…”

L’ultimo intervento della religiosa Maria de Giorgi missionaria da 40 anni in Giappone, ha mirabilmente chiuso e riepilogato tutto il Convegno:

“Il tema della contemplazione/meditazione- come attestano i diversi interventi del convegno, più di ogni altro ci rimanda al “cuore” delle rispettive tradizioni religiose, là dove viene sfiorato il mistero, indicibile e imperscrutabile, che tutti ci avvolge e contiene (cf. Nostra Aetate 2). Le molteplici esperienze meditative e contemplative possono portare a diverse percezioni e interpretazioni del mistero stesso. Se da una parte queste differenze testimoniano l’inesauribile multiformità del mistero, dall’altra esigono un serio discernimento.

In ambito cattolico abbiamo documenti, uno più teologico-dottrinale, l’altro più esperienziale che, integrandosi a vicenda possono aiutare la riflessione.

Questo “intervento conclusivo” analizza in proposito (1) La lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica su alcuni aspetti della meditazione cristiana, emanata dalla Congregazione della dottrina della fede nel 1989; (2) il Documento Contemplazione e dialogo interreligioso, Riferimenti e prospettive attinte dall’esperienza dei monaci, elaborato dal DIM nel 1993.

Questi documenti sembrano indicare la “via” da seguire. Di una “via” si tratta, ossia di un “cammino”.  Il cammino suppone un punto di partenza e tende ad una meta. Veicola una storia, un’esperienza in cui si radica e di cui è proseguimento sempre nuovo. In questo senso “la relazione conclusiva” auspica, come “passo in avanti”, come una nuova tappa di questo cammino, una nuova inchiesta da parte della Commissione per il Dialogo Interreligioso (DIM), che a trent’anni ormai dalla precedente, possa aiutare a valutare il progresso e la direzione del cammino in corso”.

Un forte appello è stato fatto al termine della giornata da Don Giuliano Savina Direttore dell’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso (UNEDI) perché si trovino iniziative per portare avanti questo cammino sui territori regionali.

Più volte è stato richiamato la metafora del proverbio cinese “Quando il dito indica la luna lo stolto guarda il dito”, e la necessità di sentirsi tutti chiamati a indicare con forza la” luna”, per essere davvero uno strumento che mostri la Verità, la luce in questo mondo così tenebroso. Certamente, grande è la responsabilità di noi cristiani che abbiamo ricevuto il dono dei doni, la fede in Gesù Cristo il Figlio di Dio, è proprio questo filo d’oro, questa luce che deve illuminare e unire gli innumerevoli colori e tessere come una trama luminosa l’arazzo dell’umanità.

Maria Cristina Ghitti

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